La teoria del prospetto è stata postulata dagli psicologi israeliani Kahneman e Tversky nel 1979 sulla base che l’individuo valuta ogni possibile conseguenza delle decisioni partendo da un singolo punto di riferimento, come potrebbe essere, per esempio, la situazione al momento della scelta.
Si tratta di una distorsione cognitiva con cui ogni investitore dovrebbe avere familiarità prima di immergersi nel mondo della finanza. E il motivo è semplice. Negli studi classici di finanza, l’homo oeconomicus (John Von Neumann e Oskar Morgenstern) viene immaginato come una persona che non solo prende decisioni giuste, ma addirittura ottimizzate nell’ottica della completa razionalità. In pratica, questo uomo perfetto decide secondo parametri che massimizzano l’utilità di ogni scelta.
Naturalmente la realtà è ben diversa, spesso “corrotta” da quello che la gente pensa, e invece non è nient’altro che una percezione della stessa. L’homo oeconomicus, per quanto ambizioso, non esiste: a prendere le decisioni sono esseri umani dotati di sentimenti e pensieri soggettivi, incertezze e paure.
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Cos’è la teoria del prospetto?
Decidere è spesso difficile. Decidere sotto pressione o in condizioni di rischio, “ovvero in situazioni in cui è conosciuta o si può stimare la probabilità associata a determinati eventi”, è ancora più difficile. Non è raro dunque, secondo gli psicologi israeliani Kahneman e Tversky, che le decisioni prese dalle persone si allontanino spesso da quelle attese dalla teoria dell’utilità prevista, ossia quelle che prenderebbe l’homo oeconomicus.
Entrano in campo le distorsioni cognitive della teoria del prospetto, la quale ci spiega il perché:
- L’avversione alle perdite
- I punti di riferimento (o lo status quo)
- E la ponderazione delle probabilità
Conosciamo l’avversione alle perdite, ovvero quel comportamento distorto tale per cui una perdita ha un impatto emotivo due volte superiore a un guadagno.
Non solo: le persone tendono a dare una valutazione a qualcosa sulla base di come essa viene presentata, quali sono i rischi e le probabilità di perdite o guadagni. Ciò porta a considerare un potenziale guadagno non come un accrescimento del proprio patrimonio, ma come un evento singolo scollegato da tutti gli altri. Entra in gioco così l’isolation effect, ovvero quel bias che porta gli individui a considerare una singola componente decontestualizzata per risolvere un problema, senza prendere in esame la situazione nel grande schema degli elementi.
La ponderazione delle probabilità non identifica le probabilità stesse, ma il modo in cui l’essere umano le percepisce, spesso distorcendole. Davanti a un risultato con minore probabilità, si tende a sopravvalutare tale statistica di realizzazione dell’evento stesso. Davanti a un’alta probabilità, si tende a dubitare ed enfatizzare invece la certezza dell’evento – acuendo il senso di avversione al rischio.
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